icerbox DArzo Casa by Unknown

autore:Unknown
Format: epub

VII

Dove si parla di noi poveri,

e Stresa si accorge di avere le tasche

Quando la malattia di Ladi non fu più che un brutto sogno, ed egli tornò a tavola, al suo posto, i due uomini s’accorsero che erano in pochi nella stanza, troppo in pochi. Tre soltanto. C’era quasi paura di sperdersi. Ed ebbero la strana sensazione che tre, quattro cinque sono meno, infinitamente meno di due. Nemmeno un confronto: naturalmente quando ci si capisce.

Stresa specialmente non si trovava più ora, vedendo, accanto al vaso dei fiori, sulla tovaglia, le unghie della ragazza rosate come certe perle false. Prima, fino alla mattina stessa, egli ignorava del tutto quella stanza folta di cose come tutte le stanze povere. Secondo lui, però, perché fosse povera del tutto, occorreva anche, che appoggiata al paravento ci fosse pure una magra bicicletta da operaio col manubrio arrugginito e un freno solo, impossibile.

Adesso invece egli la subiva: gli pesava addosso col suo soffitto dipinto a strumenti musicali, trombe, triangoli, flauti, lo stringeva quasi colle sue fotografie sulle pareti di bambini nudi su pelli di capra, colla sua marina color bava, colla sua anitra stecchita in una tela dai colori vivacissimi, come un tramonto estivo sull’acqua.

Ormai non poteva più ignorare le cose. E se fosse venuto anche un quarto, si sarebbe sentito più solo ancora.

Emma invece non lo intuiva affatto: non ci pensava neppure. Guardava soltanto le mani del cieco sul piatto, l’indice diritto e ossuto che si prolungava nella forchetta: la forchetta strisciava un poco sul piatto prima di avvertire la patata e affondarvisi, facendo qualche graffio sulle danze e gli amori del Re Sole, dipinti in azzurro sul fondo. Essa provava un senso di disagio e la pigliava tutta il desiderio, quasi il bisogno, di rinchiudergli la mano nella sua e di guidargliela, come quando si insegna a scrivere ai ragazzi.

Uguale fastidio, fatto di pietà e d’impazienza, lo provava a sentir parlare i balbuzienti. Le pareva ad ogni modo che il cieco le appartenesse, anche, un poco, e che Stresa, invece, conversando con lui e standolo ad ascoltare, lo distraesse da lei. Gli togliesse in fondo qualcosa che, anche senza sapere bene il perché, non le era estraneo del tutto.

Parlavano ora dei poveri. Nelle case, in un modo o nell’altro, si parla spesso dei poveri. Ma nessuno sa veramente chi essi siano; non i contadini, non i soldati, non quelli che stanno nella nostra via. Se ne ha solo una vaga sensazione. Forse quelli che parlano in dialetto, sono i poveri.

“Voi ed io, Stresa”, diceva Ladi, “non siamo poveri. E non lo siamo stati mai. Non possiamo però affermare con eguale sicurezza che non lo saremo neanche nell’avvenire, perché questo è nelle mani di Dio: ma sono propenso a credere di sì. Perché bisogna intendersi, prima di tutto, su chi sono i veramente poveri.”

Nei momenti di contrarietà Stresa era portato a credere persino che poveri si nascesse come si nasce negri, e che si dovesse portare per sempre questo peso, come il negro la sua pelle: ma, più tardi, ammetteva di aver sbagliato.

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